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CURIOSITA'

La Disputa con i Montaperto

Il caso di Girgenti, la disputa tra le famiglie Naselli e Montaperto

Di seguito viene narrato la lunga e complessa disputa tra due potenti famiglie siciliane del XVI secolo, i Naselli di Comiso e i Montaperto di Raffadali, incentrandosi su due fasi principali: quella che vide protagonisti Baldassare I Naselli e Pietro Montaperto, e quella successiva che coinvolse i loro figli, Gaspare Naselli e Cola Montaperto. La ricerca si basa su documenti d’archivio, in particolare i registri notarili della prima metà del XVI secolo e gli archivi privati delle due famiglie, che hanno permesso di ricostruire importanti scritture processuali dal Tribunale della Regia Gran Corte.

La Disputa tra Baldassare I Naselli e Pietro Montaperto (1516-1517)

I Montaperto si erano stabiliti ad Agrigento nel 1279, ottenendo il titolo di barone di Raffadali e radicandosi nel territorio per due secoli. I Naselli di Comiso, invece, giunsero ad Agrigento solo nel 1499, a seguito del matrimonio tra Baldassare I Naselli e Isabella Montaperto, che portò in dote a Baldassare i feudi di Diesi e Macalubbo. Il matrimonio, in Sicilia nel XVI secolo, non era solo un affare degli sposi, ma un’unione tra intere famiglie. L’inimicizia tra le due casate, secondo alcuni studiosi, potrebbe essere nata dal fatto che i Naselli, pur arrivando dopo, acquisirono rapidamente potere e il favore del popolo, facendo sentire i Montaperto scalzati dal loro ruolo dominante. Tuttavia, si ipotizza che la vera causa fosse legata a questioni economiche e territoriali. Nel 1504, Baldassare Naselli ottenne dal viceré l’esenzione da diritti e gabelle ad Agrigento, privilegio che godeva già in altre città e che risaliva a un suo avo nel 1451, consolidando il suo potere.
Già tra il 1513 e il 1514, al tempo dell’omicidio del secreto di Agrigento, Gerlando Lo Porto, le carte processuali attestano un “odio capitali” tra Naselli e Montaperto. Nonostante una pace siglata grazie alla mediazione di Giovanni Paolo de Paolino, la tregua fu di facciata. Poco dopo il patto, Pietro Montaperto fu arrestato con l’accusa dell’omicidio di Lo Porto, che era un alleato influente dei Naselli. L’evento scatenante di un’ulteriore guerra fu probabilmente l’investitura di Baldassare I Naselli del feudo di Diesi agli inizi del 1517, un territorio che non sarebbe più tornato ai Montaperto.
Le rivolte di Agrigento del 1516-1517 videro il saccheggio di magazzini, l’incendio di archivi e, nella seconda fase, il rogo di alcuni palazzi, tra cui quello del Montaperto, avvenuto dopo il 24 luglio 1517. Pietro Montaperto accusò pubblicamente Baldassare Naselli di essere la mente dietro le rivolte e il saccheggio del suo palazzo. Le testimonianze giudiziarie rivelarono una presunta alleanza di Naselli con figure palermitane come Giovan Luca Squarcialupo, Cristoforo de Benedectis e Baldassare Settimo, zio di Naselli. L’incendio degli archivi durante le rivolte suggerisce un’azione mirata, forse guidata da una “mente superiore”.

La Disputa tra Gaspare I Naselli e Cola Montaperto (1545)

Le inimicizie paterne furono ereditate dai figli, Gaspare Naselli e Cola Montaperto. Un episodio chiave avvenne nell’agosto del 1545, quando Gaspare Naselli, in viaggio verso Agrigento, incontrò Cola Montaperto, Capitano di Giustizia a Palermo, in una locanda. Durante la cena, un compagno di Naselli, Monserrato Formoso, urtò Montaperto e lo colpì con un pugno. Sebbene la rissa fu sedata, questo incidente riaccese l’antica inimicizia.
Agli inizi del 1546, Cola Montaperto inviò a Gaspare Naselli un cartello di sfida a duello a Dosolo, definendolo “mancator di fede” e accusandolo di aver orchestrato l’offesa. Nonostante i duelli fossero proibiti da decreti reali, erano ancora praticati, specialmente per questioni d’onore. La posta in gioco non era solo l’onore, ma il predominio sociale ed economico ad Agrigento. Il duello, tuttavia, non fu mai disputato, poiché Naselli non si presentò. Cola Montaperto, forte dell’assenza dell’avversario, cercò di infangare l’onore di Naselli.
Per umiliare ulteriormente Naselli, Montaperto ricorse alla “pittura ignominiosa”. Si trattava di un’immagine disonorevole, riprodotta e inviata alle Corti, che in questo caso raffigurava Naselli appeso per un piede alla forca. Nonostante Montaperto non avesse i documenti necessari per autorizzare tale azione, procedette comunque.
Offeso da questa azione, Naselli si rivolse a personalità di spicco e uomini d’onore in tutta Italia e oltre, tra cui Cosimo I de Medici, Pier Luigi Farnese ed Ercole II d’Este, per chiedere il loro parere sulla questione. Queste figure illustri, definite come una sorta di “arbitrato internazionale”, condannarono unanimemente la slealtà di Montaperto, e alcuni suggerirono che Naselli potesse a sua volta infamare l’avversario. Con queste “lettere patenti”, Naselli sentì di aver avuto la sua rivincita e pose fine alla controversia, dimostrando che Montaperto era stato temerario e la verità aveva trionfato.

Vecchia stampa cinquecentesca rappresentante la pittura ignominiosa fatta dipingere da don Cola Montaperto Barone di Raffadali, contro don Gaspare Naselli, Barone del Comiso