CURIOSITA'
La principessa con le scarpette d’oro
Emanuela Naselli tra storia e leggenda
A Castellammare del Golfo, la devozione popolare verso la Madonna delle Scale è molto forte, seconda solo a quella per la santa patrona. L’origine di questa devozione si basa su una storia popolare, annotata nel 1642 nel libro dei defunti della Chiesa Madre. Secondo il testo, una fanciulla, l’8 settembre 1641, trovò un’immagine d’oro della Vergine Maria mentre pascolava il suo gregge. In seguito, in quel luogo, la Vergine operò diverse guarigioni, portando alla diffusione del suo culto. Questa narrazione rientra probabilmente nel genere delle “Trovature,” leggende popolari che narrano il ritrovamento miracoloso di oggetti preziosi.
Da questa leggenda, è nata la storia di una principessa defunta con scarpette d’oro e calze piene di monete. Una base storica a questa narrazione sembra essere fornita dal ritrovamento, nella Cappella del Santissimo Sacramento della Chiesa Madre, della lapide sepolcrale di Emanuela Naselli. I Naselli furono baroni di Castellamare del Golfo dal 1699 al 1812.
Emanuela Naselli e Morso, figlia di Baldassare V, Principe d’Aragona e Barone di Castellamare, visse per poco più di due anni, dal 2 luglio 1726 al 3 agosto 1728. La sua lapide, di marmo rosso con venature bianche, è divisa in due parti. Nella parte superiore, il fratello Luigi, Conte di Comiso, fece incidere un epitaffio in suo onore. Nella parte inferiore, c’è una poesia in cui la stessa Emanuela si rivolge ai genitori, chiedendo loro di non rattristarsi per la sua perdita, poiché lei è felice in cielo e può ammirare le stelle.
Un ulteriore elemento di mistero alimenta la leggenda: è stato accertato che sotto la lapide non si trovano resti mortali, il che suggerisce che la lapide potrebbe essere stata spostata. Questo rende la storia della principessa dalle scarpette d’oro un affascinante intreccio tra storia e leggenda.
Nella parte superiore della lapide c’è scritto:
“Sotto questo marmo riposa l’enfante donna Emmanuela naselli e morso che compiuto appena il secondo anno di vita innocente segui’ l’agnello, il 3 agosto 1728 e per lei il fratello Luigi, l’eccelente Conte di Comiso curò che questa lapide cosi’ fosse scolpita e inscritta.”
Nella parte superiore della lapide c’è scritto: